Cari amici buon fine settimana, qui, ormai lo sapete è festa grande San Giovanni, Patrono di Torino..prima di augurarvi tanto sole dentro e fuori, vi comunico che stamattina sono stata "unta" dalla fortuna:-)). Ero ai giardini dietro casa con il mio fidato amico Poker, quando mi son sentita una goccia cadere sulla testa, hoibò, ho pensato, la nuvola di fantozzi:-), invece era un passerotto che mi ha centrato la capocchia:-)))mi sono lavata alla fontanella, toret, poi son tornata a casa per uno shampo profumato, infine, tra le risate di Natale (non è un cagnolino, bensì il nonno di A. che era nei pressi), son ritornata all'ovile..
Un bacio a tutti voi, il racconto che è in stesura, è inventato di sana pianta, tranne in alcuni particolari, vi ringrazio tutti per i gentili commenti e soprattutto ringrazio chi, pensando di essere buon "osservatore della vita", mi dà consigli per la sopravvivenza:-),grazie, lo riferirò alla persona che mi ha ispirato questo scritto, che è viva e vegeta, anche se "traballante":-)))
Quella notte non dormii, strani fantasmi spuntavano dalla finestra aperta, cosa mi stava succedendo e perchè ero ancora lì? Ci pensai a lungo, ormai avevo raggiunto l'età anagrafica per poter andar via senza essere riportata indietro all'inferno. Mi alzai molto presto, stranamente prima di mia madre che era la prima a tirarsi su dal letto per preparare i panini che i miei fratelli si portavano al lavoro. Fui molto paziente, avevo raggiunto una strana calma, preparai il caffè, poi con la tazzina fumante uscii fuori a godermi il fresco della mattina in campagna. Quando uscirono tutti , io ero già pronta, preparai poche cose in una valigia rossa, mi misi in tasca i soldi per il treno e fui pronta per il grande viaggio che avrebbe cambiato la mia vita. Mia madre mi guardava un pò in apprensione, i soliti consigli, le solite poche parole, la baciai e lei non sorrise, forse era solo un pò triste perchè mi perdeva di nuovo.
Arrivai alla stazione molto prima della partenza del treno mi aspettavano i miei amici di sempre, uno in particolare, compagno di tante battaglie ( che alla luce di oggi sembrerebbero inutili ), amico di sogni, di partenze, di letture alla stazione, di popcorn al cinema, amico di ideali in comune, contro i soprusi, le ingiustizie che a quell'età ti sembrano ancora più eclatanti, amico di lunghe corse per stabilire il più veloce, amico che ogni donna vorrebbe avere....ma io non lo degnai quasi di uno sguardo, ero troppo proiettata verso la fuga da tutto e tutti, lui compreso. Eppure il vederlo lì alla stazione mi fece troppo male, sembrava che una parte di me morisse con la partenza di quel treno, la mia storia, le nostre vite intrecciate da sogni e paure, incertezze ed esaltazioni....non lo salutai quasi, gli dissi solo : " ritornerò", ma mentivo.
Il capostazione fischiò e le porte vennero chiuse, mi affacciai al finestrino, non sazia di quell'aria che forse non avrei respirato più. Mi salutavano con le mani alzate, strette a pugno, sorrisi, tra me, pensando, sono sempre gli stessi, i miei compagni di giochi...
Appena tutto divenne piccolo piccolo e le loro immagini sbiadirono fino a scomparire cominciai a piangere, senza lacrime, dentro uno squarcio, una ferita profonta, un odio feroce verso chi mi aveva condannato alla fuga, sempre nei suoi confronti, il padre che non avrei mai voluto avere, il mio tormento, la mia appartenenza ad una famiglia così difficile, tutte le colpe che gli addossavo....